Abbiamo letto con estrema perplessità – e un certo imbarazzo – le due pagine di “inchiesta” sulla “disforia di genere” in Sardegna pubblicate da La Nuova Sardegna il 30 aprile 2025 (in alcune edizioni il 29 aprile). Abbiamo pensato a un errore, alla ripubblicazione di un vecchio articolo per riempire due pagine rimaste vuote, oppure a un impeto di nostalgia in stile Amarcord. In ogni caso, si tratta comunque di una scelta infelice.
Ci sorprende ancora di più che un articolo del genere sia stato pubblicato proprio da La Nuova Sardegna, che in passato ha co-organizzato con noi e con l’Ordine delle e dei Giornalisti della Sardegna diversi corsi di aggiornamento su tematiche LGBTQ+ e sull’uso di un linguaggio inclusivo.
Nel frattempo, infatti, la Sardegna è cambiata profondamente. Dal 2021 sono attivi due CAD (Centri contro le Discriminazioni LGBTQ+): uno gestito dal MOS – Movimento Omosessuale Sardo – a Sassari, con sede distaccata a Nuoro; l’altro dall’ARC a Cagliari, con sede distaccata a Oristano. Entrambi operano in rete con il Terzo Settore, le amministrazioni pubbliche e le strutture sanitarie, sotto la supervisione scientifica del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Cagliari.
“Dal DSM – Dipartimento di Salute Mentale spiega il MOS, che da 33 anni opera sul territorio – ci inviano gran parte dei casi che riguardano persone LGBTQIA+, in particolare persone Trans* (termine ombrello che comprende le molteplici esperienze di affermazione di genere, dalle persone transgender binarie a quelle non binarie) e le loro famiglie. Già nel 2022 abbiamo organizzato il primo corso di formazione per il personale sanitario di ASL e AOU sulle tematiche LGBTQ+. Il secondo, specificamente dedicato alle tematiche Trans*, è attualmente in corso, dopo l’avvio dello scorso marzo”.
Nei CAD sono nate esperienze fondamentali di auto-aiuto: gruppi di genitori che si sono poi costituiti in AGedO Nord Sardegna – Sassari, e spazi come il Trans Support, un incontro bisettimanale dove le persone che affrontano percorsi di affermazione di genere possono confrontarsi, scambiare informazioni e offrirsi mutuo supporto.
E se non fosse stato un errore, ma una scelta deliberata della giornalista? – si chiedono dal Coordinamento Sardegna Pride. “Nell’articolo si parla di bloccanti della pubertà – che in Sardegna non vengono somministrati – e di un presunto giro d’affari da 150 miliardi di dollari. Da quando, esattamente, si usa il dollaro in Sardegna?”
Battute a parte, l’unica associazione citata è GenerazioneD, nata a Milano nel 2023 e parte del movimento No Gender, dichiaratamente politicizzato. Un’associazione che, per fortuna, specifica sul proprio sito: “Le informazioni fornite su GenerAzioneD.org sono di natura generale e a scopo puramente divulgativo, e non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico/psicologo/psicoterapeuta abilitato” (https://www.generazioned.org/natura-dei-contenuti/).
Ci domandiamo allora: perché limitarsi a due o tre testimonianze anonime di genitori, ignorando le decine che frequentano regolarmente i CAD e le sedi AGedO di Sassari e Cagliari? Perché non chiedere i dati reali al CAD del MOS o dell’ARC? E soprattutto: perché non ascoltare direttamente le persone Trans*, che oggi non hanno bisogno del paternalismo di una giornalista che si chiede, persino, come sia possibile che i genitori non vengano informati delle scelte dei figli maggiorenni.
È molto semplice: lo prescrive la legge. E vale per tutte le persone adulte, anche quando si parla di identità di genere.
Movimento Omosessuale Sardo ODV
AGedO Nord Sardegna – Sassari
Trans* Support
CGIL Nuovi Diritti Sassari
Associazione ARC
Famiglie Arcobaleno Sardegna
Associazione ASQù