Omofobia giudiziaria: assolto il padre che accoltellò il figlio gay

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Di Massimo Mele il 14 Ottobre 2010. Nessun commento

Paolo Brunetto

Anni fa venne cancellato il delitto d’onore, residuo di una cultura patriarcale che giustificava la violenza e l’omicidio della moglie infedele. Ma i giudici di Palermo non se ne sono accorti e l’hanno applicato per una storia di ordinaria omofobia genitoriale. Ovvero: un figlio gay visibile disonora la famiglia e può essere picchiato o accoltellato. Riportiamo di seguito l’articolo di Infooggi

PALERMO – Durante una lite in famiglia, ferì a coltellate il figlio gay. Giovanni Brunetto, 55 anni, è stato assolto dall’accusa di tentato omicidio del ragazzo, Paolo, 20 anni, perché “il fatto non sussiste”, lo ha stabilito il giudice del tribunale di Palermo. Secondo la sentenza nella lite fu il figlio ad impugnare il coltello e rimase accidentalmente ferito. PALERMO – Durante una lite in famiglia, ferì a coltellate il figlio gay. Giovanni Brunetto, 55 anni, è stato assolto dall’accusa di tentato omicidio del ragazzo, Paolo, 20 anni, perché “il fatto non sussiste”, lo ha stabilito il giudice del tribunale di Palermo. Secondo la sentenza nella lite fu il figlio ad impugnare il coltello e rimase accidentalmente ferito.
All’epoca dei fatti la notizia valicò i confini siciliani e fece scalpore, soprattutto tra le associazioni a difesa dei diritti degli omosessuali. Il ragazzo concesse numerose interviste in cui lamentava il fatto che il padre non aveva mai accettato la rivelazione dei suoi gusti sessuali e si sentiva perseguitato.
In un’intervista a Panorama, ancora con le braccia fasciate e i segni delle percosse sul volto, il ragazzo confessava: “Mio padre non mi ha mai accettato. Non ha voluto rassegnarsi al fatto che sono omosessuale. Ho cercato di convincerlo che la mia non è una malattia, né una cosa sporca, ma è stato tutto inutile”.
“E’ un anno che ho capito di essere gay” – raccontava – “E ho deciso di dirlo a mia madre. Mi comprende, è stata lei a riferirlo a mio padre e da allora in questa casa abbiamo smesso di vivere”.
“Gli ho chiesto di aiutarmi a trovare un lavoro” continuava Paolo, allora 18enne, “ma lui si rifiutava: diceva che si vergognava di presentarmi in giro perché ero gay”.

Sempre secondo l’articolo di Panorama il padre del ragazzo, subito dopo la lite, si era lasciato sfuggire davanti ai cronisti: “Non ci ho visto più. Provo vergogna, mi ha disonorato”.

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