L’Italia blocca la direttiva UE antidiscriminazioni

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Di Massimo Mele il 10 Dicembre 2010. Nessun commento

L’associazione radicale Certi Diritti lancia oggi, in occasione della giornata mondiale dei diritti umani, l’operazione trasparenza WIKI-RIGHTS pubblicando (all’indirizzo www.certidiritti.it/wiki-rights.html) 70 documenti riservati del Consiglio Europeo che ci aiutano a capire perché la direttiva comunitaria antidiscriminazioni del 2008 non sia ancora stata approvata e, soprattutto quali sono le obiezioni sollevate dall’Italia insieme ad altri paesi membri (Germania e Repubblica Ceca), per modificare gli aspetti giuridici legati alla tutela dell’espressione degli orientamenti sessuali.

La direttiva in questione si occupa della condanna delle discriminazioni riconducibili all’orientamento sessuale, all’età, alla religione ed alla disabilità. L’argomento non è nuovo per l’Unione Europea che con la direttiva 200/78/CE aveva già provveduto alla tutela di tali soggetti in ambito lavorativo. In questo caso però le discriminazioni sarebbero vietate e condannate a tutto tondo, anche nel campo della sicurezza sociale, dell’educazione, dell’accesso ai beni e servizi, ivi compreso il diritto all’abitazione. In poche parole tale provvedimento legislativo vieterebbe qualsiasi tipo di ineguaglianza tra cittadini comunitari.

Diversi paesi però hanno sollevato delle obiezioni in merito, soprattutto per quanto riguarda l’abolizione delle ineguaglianze che oggi subiscono i gay e le lesbiche residenti nell’Unione. L’Italia in particolare vorrebbe che la stessa definizione di discriminazione, che nelle intenzioni iniziali comprenderebbe anche l’omofobia psicologica e l’offesa, fosse alleggerita fino a riferirsi quasi esclusivamente alla violenza fisica. Ciò naturalmente ribalterebbe il significato del provvedimento che servirebbe per tutelare coloro che discriminano e non i discriminati. I politici e i rappresentanti religiosi nostrani che nel 2010 ancora si sentono liberi di dichiarare che l’omosessualità è una malattia (arrivando addirittura a paragonarla alla pedofilia potrebbero così continuare indisturbati). Una delle obiezioni sollevate dai nostri amati politici infatti recita che “la mera espressione di un’opinione personale o di una credenza religiosa non dovrebbero essere considerate come molestia”, in questa maniera la portata innovatrice della direttiva verrebbe mutilata e si trasformerebbe in una semplice condanna della violenza esplicita: verrebbero condannati gli atti di omofobia ma non i “mandanti” che in virtù della libertà di espressione o religiosa potrebbero continuare la loro anacronistica crociata contro l’omosessualità.

Articolo di Paolo Finetti


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