Liberty Queer contro le leggi anti gay russe

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Di Massimo Mele il 13 Settembre 2013. Nessun commento

Foto tratta dalla pagina Facebook di Liberty Queer

Foto tratta dalla pagina Facebook di Liberty Queer

Si è svolto giovedì sera, davanti al Tribunale di Sassari, un sit-in contro le leggi anti-gay volute da Putin e la conseguente violenza omofobica che si è scatenata in Russia. Ad organizzarlo Liberty Queer, un gruppo di cultura e socializzazione LGBT, nato recentemente a Sassari. Iniziativa nata allo scopo di “testimoniare la propria solidarietà ai movimenti e alle persone LGBTQ russe e simbolicamente sottoscrivere la lettera inviata dal gruppo Liberty Queer alle maggiori cariche istituzionali italiane”. All’appuntamento hanno preso parte decine di persone, compresi alcuni militanti del MOS. Durante il sit-in è stato letto un discorso preparato dai militanti di Liberty Queer:

In Russia questa manifestazione oggi non avrebbe luogo. In Russia ora saremmo arrestati. Perché in Russia pochi mesi fa è stata emanata una legge che vieta la propaganda omosessuale. In Russia dire pubblicamente “Io sono omosessuale” è considerato propaganda omosessuale: un reato d’opinione. Mentre in Italia ancora si discute se sia una legge che limita la libertà di opinione quella che punisce con un’aggravante chi insulta, picchia o induce al suicidio una persona perché è o crede sia omosessuale, in Russia nel frattempo ci mostrano come davvero sia fatta una legge che punisce la libertà d’opinione e di espressione. E sempre in Italia di tutto questo se ne parla poco e male. Se ne parla quando fa notizia, quando proprio non se ne può fare a meno. Perché ci sono cose più importanti di cui parlare. Perché i diritti umani sono importanti ma mantenere buoni rapporti con la Russia lo è di più! Per questo motivo stasera ci troviamo qui, di fronte al tribunale, luogo dove si amministra la giustizia, per far sentire la nostra voce insieme a chi in tutta Italia, in Europa e nel mondo vuol far sentire la propria voce e chiede delle risposte. Abbiamo inviato una lettera alle maggiori cariche dello Stato affinché prendano posizione contro la violazione dei diritti umani in Russia. Il Presidente della Repubblica, i Presidenti della Camera e del Senato Boldrini e Grasso, il Presidente del Consiglio Letta, il Ministro degli Esteri Bonino. A tutti loro noi chiediamo di prendere una posizione concreta. Perché in Russia la legge contro la propaganda omosessuale non è solo una legge. E’ il braccio armato di veri e propri squadroni della morte, di persone che si definiscono “normali” e combattono la loro battaglia contro i nemici della Russia: gli omosessuali. Che sono contronatura, malati, pedofili. E sono gli stessi “normali” a caricare online le foto e i video dei pestaggi, delle umiliazioni, delle spedizioni punitive contro persone che hanno l’unica colpa di essere lesbiche, gay, bisex o transgender. Di poche settimane fa il video in cui fra le risate dei presenti una transgender veniva umiliata e presa a calci. Di poche settimane fa le foto e i video di adolescenti adescati e costretti a “purificarsi” e “guarire” bevendo la propria urina. Costretti a rivelare nome e cognome, dove abitano, per essere ancora vittime di nuove aggressioni. E sono gli aguzzini ospiti dei talk show in televisione, dove spiegano perché quello che fanno sia giusto, una missione. Sono i presentatori tv a dire che i cuori delle persone omosessuali andrebbero bruciati e non donati come gli organi delle persone “normali”. Gli stessi presentatori tv che vengono licenziati in tronco e denunciati se per protesta alle leggi russe dichiarano di essere omosessuali. In Russia si ha il sacrosanto diritto di odiare, offendere, ferire e prima o poi uccidere. Ma in Russia non si ha diritto ad amare. Non qualcuno del proprio sesso. Non se stessi. Anche un bacio in Russia è propaganda! In Russia i gay non esistono, non possono e non devono esistere. In Italia abbiamo ancora il diritto di dire tutto questo, di denunciare cosa sta succedendo. Ma è anche e soprattutto un dovere. Non possiamo e non dobbiamo chiudere gli occhi! C’è una frase con cui vogliamo chiudere questo discorso: se non condanni il male inviti a farlo.

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