Confermati gli arresti domiciliari per don Giovanni Usai

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Di Massimo Mele il 21 Gennaio 2011. Nessun commento

L’inchiesta sul giro di prostituzione nella comunità Il Samaritano

ORISTANO. Arriva un no. Ed è un no che potrebbe pesare non poco anche sul seguito dell’inchiesta che coinvolge don Giovanni Usai, il sacerdote finito agli arresti domiciliari negli ultimi giorni del 2010.
Il sacerdote che gestisce la comunità per detenuti Il Samaritano di Arborea sperava di poter riacquistare la libertà persa dopo il provvedimento di custodia cautelare. Invece, dopo oltre tre giorni di riflessione, il tribunale del riesame di Cagliari ha stabilito che la misura degli arresti domiciliari non debba essere revocata.
Respinto quindi il ricorso presentato dagli avvocati difensori Anna Maria Uras e Franco Luigi Satta – quest’ultimo è subentrato all’avvocato Francesco Pilloni nei giorni scorsi – che chiedevano che don Giovanni Usai potesse lasciare il convento dei frati Cappuccini che aveva eletto quale domicilio in cui trascorrere i giorni di custodia cautelare.
Il tempo però ora si allargherà inevitabilmente, perché di fronte c’è la decisione del tribunale cagliaritano che conferma quanto deciso dal giudice per le indagini preliminari Mauro Pusceddu in seguito alla richiesta del pubblico ministero Diana Lecca che coordina l’inchiesta su un presunto giro di prostituzione in cui sarebbero rimaste coinvolte alcune detenute nigeriane e che avrebbe avuto come fulcro proprio la comunità di accoglienza del Samaritano.
L’accusa più pesante per il sacerdote – nell’inchiesta, ma solo per gli episodi di prostituzione, sono coinvolti anche due nigeriani, uno dei quali è ancora latitante – rimane però quella di aver costretto una delle ospiti della comunità ad avere con lui un rapporto sessuale.
La difesa era convinta di poter smontare le accuse sin dall’udienza del riesame, invece le cose sono andate diversamente. Le motivazioni ancora non sono state rese pubbliche, ma la conferma della custodia cautelare agli arresti domiciliari è legata al pericolo di inquinamento delle prove e ovviamente ai gravi indizi di colpevolezza che, secondo l’accusa, gravano sull’indagato. Indizi che sono contenuti nelle numerose pagine dell’inchiesta che ancora sembra essere lontana dalla conclusione. Oltre che sui due reati già indicati, la Procura batte anche altri versanti come quelli legati alla distribuzione del cibo al Samaritano e all’utilizzo poco chiaro di fondi pubblici.

Da la Nuova Sardegna

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