Bellomonte “Nessuna adesione alle BR”. Cobas in sciopero della fame

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Di Massimo Mele il 17 Novembre 2011. Nessun commento

“Da oltre due anni e mezzo Bruno Bellomonte, attivista sindacale di base nelle ferrovie, con altri imputati (uno dei quali morto in carcere perché non scarcerato nonostante le gravi condizioni di salute), è privato della libertà ed oggi deve subire la richiesta dei PM di una condanna a diversi anni di reclusione.
Bruno Bellomonte è attualmente recluso nel carcere di massima sicurezza di Catanzaro in attesa di giudizio e, in modo pretestuoso è stato anche licenziato dalle Ferrovie (RFI) ancor prima di una eventuale condanna (non solo definitiva ma neanche di primo grado)”. Lo scrivono i sindacalisti dei Cobas in un documento approvato dall’assemblea nazionale di Bologna del 12 e 13 Novembre che “esprime la ferma condanna contro il teorema repressivo di Magistratura e “Forze dell’Ordine” contro numerosi militanti sindacali e politici accusati in modo pretestuoso di terrorismo e separatismo armato per presunti piani eversivi contro il G8 della Maddalena del 2009 (per giunta mai effettuato)
“Da oggi – scrive Nicola Giua, storico esponente dei Cobas della Sardegna – comincerò come rappresentante dei Cobas uno sciopero della fame di solidarietà contro la vergognosa detenzione e il processo che sta subendo Bruno Bellomonte, insieme ad altri coimputati, accusati di ‘banda armata a fini terroristici’. Invitiamo tutti, in particolare i Cobas – sottolinea Giua – a condividere lo sciopero della fame, anche con l’adesione individuale per singoli giorni, al fine di far sentire a Bruno ed agli altri tutta la nostra solidarietà e vicinanza. Inviate le adesioni allo sciopero della fame alla email: nicogiua@tiscali.it ed alla email dei Cobas della Sardegna: cobasardegna@gmail.com“.
La scorsa settimana il pm aveva chiesto, per Bruno, 10 anni e 7 mesi di reclusione, indicandolo come una delle menti dell’attentato, mai avvenuto, al G8 de La Maddalena. ieri è stata la volta dei difensori e dello stesso Bellomonte che ha voluto rilasciare una dichiarazione difensiva all’inizio dell’udienza.
Di seguito l’articolo della Nuova Sardegna sull’ultima udienza del processo:

Nessuna adesione al tentativo di ricostituire il partito armato, nessuna partecipazione al progetto di attentati terroristici, il rapporto col presunto capo delle nuove Brigate rosse Luigi Fallico, morto a maggio scorso in carcere, era fondato soltanto sulla comune appartenenza all’area politica della sinistra e all’origine siciliana: l’ha detto Bruno Bellomonte, dieci minuti di dichiarazioni spontanee – quindi senza contradditorio – prima che i suoi difensori prendessero la parola davanti ai giudici della Corte d’Assise di Roma dov’è imputato di associazione eversiva e banda armata insieme ad altre cinque persone. Per lui, considerato lo stratega dell’azione contro il G8 di La Maddalena, l’accusa ha chiesto la condanna a dieci anni e sette mesi.

Bellomonte è stato categorico nell’escludere qualsiasi forma di vicinanza con l’organizzazione «Per il comunismo, Brigate rosse» ritenuta dai pm Erminio Amelio e Luca Tescaroli responsabile dell’attentato del 2006 alla caserma della Folgore, la Vannucci di Livorno: «Fallico non mi avrebbe mai proposto alcuna collaborazione – ha spiegato in sostanza l’ex ferroviere sassarese alla Corte – perchè conosceva bene la mia posizione indipendentista. Siamo entrambi di sinistra, ci siamo visti e sentiti alcune volte ma io con una qualche associazione eversiva non ho nulla a che fare. Dal mio arresto per l’operazione Arcadia, fondato su un’intercettazione che poi si è rivelata falsa, sono stato controllato sistematicamente, i miei telefoni intercettati, mi hanno pedinato e monitorato ma non è emerso nulla che mi metta in relazione con le Br».

A incastrarlo, secondo i pubblici ministeri, sarebbe però quella cena al ristorante La Suburra di Roma, dove avrebbe discusso con Fallico il progetto di «bombardare» il G8 di La Maddalena con un aeromodello telecomandato. Ieri l’accusa ha prodotto ritagli di giornali americani in cui si descrive un’azione del genere messa in atto dall’Fbi. Ma l’avvocato Gianfranco Sollai ha respinto con decisione che quel piano sia stato elaborato: «Si trattava di una conversazione al ristorante – ha sostenuto il legale – a tratti incomprensibile, dove Fallico ipotizza di recarsi personalmente a La Maddalena e Bellomonte glielo sconsiglia. Si parla di un modellino, ma la Digos non è stata in grado di dimostrare di che cosa si trattasse e non c’è agli atti alcuna prova che la fattibilità di un progetto del genere sia stata verificata. Informazioni assunte in un negozio di Roma? Nessuno ha detto al processo quale sarebbe questo negozio».

Per Sollai e per la collega Simonetta Crisci manca del tutto la prova che un’associazione eversiva, ma anche un’associazione qualsiasi, sia stata realmente costituita: nelle intercettazioni – ha osservato Sollai – si parla di «riannodare i fili, di scompagine, di vuoti da colmare» il che dimostra come nulla di stabile fosse stato messo insieme. Non c’è una struttura, non c’è una sede e Bellomonte viene definito «lo stratega del gruppo» senza che ci fosse alcunchè da comandare.

Per il difensore manca persino un obbiettivo definito e se l’ex ferroviere prendeva precauzioni «lo faceva solo perchè sapeva benissimo di essere controllato e si comportava come qualsiasi cittadino sottoposto a intercettazioni telefoniche e pedinamenti». Un comportamento normale, non «tipico delle Br» come hanno sostenuto i pubblici ministeri.

Nessun collegamento risulta infine per la difesa tra Bellomonte e le armi trovate al coimputato Massimo Porcile, mentre l’attentato di Livorno attribuito a Gianfranco Zoia può essere la conseguenza di un’azione solitaria: «In Sardegna c’è un ragazzo, Luigi Farris, che ha compiuto quaranta attentati, si parlava dell’Asai e di organizzazioni anarco-insurrezionaliste e invece agiva da solo». L’avvocato Crisci ha poi prodotto documenti che dimostrano come Bellomonte abbia svolto attività politica trasparente, con proposte di legge d’iniziativa popolare e sostegno pubblico a candidati «regolari»: «Un’attività incompatibile con quella delle Br, che rifiutano qualsiasi rapporto con le istituzioni e anche semplicemente di farsi difendere da avvocati». Il 21 novembre dovrebbe essere il giorno della sentenza, dopo le repliche di accusa e difesa: il verdetto arriverà in serata.

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