Assistenza ai più deboli, la Regione faccia chiarezza

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Di Massimo Mele il 6 Gennaio 2011. Nessun commento

Non esiste nell’isola un progetto generale che stabilisca regole certe negli aiuti ad anziani e ammalati

Per anni, le sorti dell’assistenza agli anziani, ai poveri, agli invalidi, ai matti, ai bisognosi, ai mendicanti, in Italia (e quindi anche in Sardegna), sono state gestite da associazioni ed organizzazioni di assistenza e beneficenza sorte dalla libera volontà di privati. Organizzazioni prevalentemente di matrice religiosa dove il concetto di assistenza si concretizzava nel dare del cibo, del vestiario ed un tetto sotto cui dormire. Con la legge Crispi n. 6972 del 1890 molte di queste organizzazioni di assistenza e beneficenza furono forzatamente pubblicizzate e trasformate in Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza. La natura pubblica o privata non ha però modificato l’importanza e l’essenzialità di queste istituzioni per le classi più deboli del nostro paese.
L’invecchiamento progressivo della società, i nuovi, sempre maggiori bisogni della popolazione anziana, la sempre maggior incidenza degli anziani sul numero totale della popolazione, l’evoluzione della struttura socio-economica della famiglia, il contenimento della spesa sanitaria, la logica della prevenzione, cura e riabilitazione, il delinearsi di nuovi concetti di “salute”, l’attivazione dei servizi territoriali di rete, hanno aperto in questi anni approfonditi dibattiti, discussioni, analisi, valutazioni e conseguenti documenti a valenza culturale e provvedimenti a valenza legislativa.
Concetti questi ben definiti e delineati in quasi tutte le Regioni d’Italia. “Quasi tutte” perché, secondo me, la Sardegna non può essere annoverata tra queste Regioni. In isola, oltre al fatto (non certamente marginale!) di non avere un nostro Piano Sanitario Regionale (e ora lo si vuole fare in tre mesi!!) abbiamo ex case Protette, Comunità Alloggio, Comunità Integrate, Ospizi (gergo giornalistico), Case di Riposo, Residenze Sanitarie Assistenziali (Rsa), strutture semiresidenziali non supportate da idonea chiarezza legislativa e, dove esistono le leggi, queste non vengono o non possono essere applicate.
Non possono essere applicate perché, ad esempio, mancano delle schede di Valutazione Multidimensionale e Multi professionale validate ed informatizzate (come avviene in tutte le altre Regioni d’Italia) dove si rileva il fabbisogno della persona da assistere e prendere in carico e la si indirizza al servizio più appropriato (appropriatezza delle cure) come per esempio il domicilio, la Rsa, la Comunità Alloggio, ecc. Questo determina quindi il fatto che a Cagliari si fa in un modo, a Sassari in altro modo, nel Nuorese in altro ancora con la conseguenza di incrementare la confusione e incentivare la disparità di trattamento, la disparità di costi e la disparità di livelli di cura ed assistenza nei confronti di persone che presentano lo stesso profilo assistenziale. La differenza viene quindi fatta dalla soggettività di “chi” e “da dove” viene affrontato il problema e non da una visione che pone al centro la persona rispetto a regole chiare e condivise a livello regionale.
Per questo ci troviamo con anziani non autosufficienti da Rsa inseriti in Comunità Alloggio senza assistenza infermieristica per il solo problema del contenimento della spesa; con rette che variano da 40 a 138 euro giorno senza la misurazione oggettiva dei carichi assistenziali; con persone affette dal Morbo di Alzheimer gestite come soggetti a valenza psichiatrica e viceversa; con persone che potrebbero essere gestite a domicilio che invece si trovano impropriamente inserite in strutture semi-residenziali; con impropri ricoveri ospedalieri a 900 euro al giorno a fronte dei 60 euro giorno/medi per un inserimento, della stessa persona non autosufficiente, in Rsa.
Per questo, quindi, in qualità di Presidente Regionale dell’Anaste chiedo formalmente al nostro legislatore regionale chiarezza, dignità e rispetto per la storia e per il presente di queste istituzioni.
È ineludibile che senza di questo è difficile pensare al futuro. Non al futuro per le Organizzazioni o le Strutture ma al “futuro” per i nostri anziani che, per primi, chiedono dignità e rispetto.

Un intervento del Presidente Anaste Sardegna, La Nuova Sardegna

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