ARC risponde all’Unione: trans non vuol dire prostituta

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Di Massimo Mele il 8 Settembre 2011. Nessun commento

Pubblichiamo, di seguito, la risposta di Carlo Cotza, dell’associazione GLBT di Cagliari ARC, all’articolo apparso sull’Unione Sarda il 1° Settembre sulla prostituzione a Sant’Avendrace

Quella del sesso a Sant’Avendrace era proprio l’emergenza che tutti ci aspettavamo di leggere. Purtroppo, come spesso accade, anche l’Unione Sarda del 1 settembre a pagina 20 però ha commesso alcuni errori, che ho notato nella mia ultima lettura notturna dei giornali in poltrona. Vediamo quali.

Innanzitutto il genere. Quando si parla di uomini che diventano donne si usa il femminile. Ad esempio “le transessuali.”

Poi il termine. Interscambiare a piacere i termini trans e prostituta è come confondere il paradiso con l’inferno: “essere” transessuali o transgender è un delicato percorso intimo riconosciuto dallo Stato Italiano, mentre “fare” la prostituta è una condizione di sfruttamento che piace molto a chi desidera scambiare del sesso con denaro.

Ma vi sono errori di concetto ancora più gravi che non mi so spiegare. Per esempio quando nel sommario e nel catenaccio dell’articolo si parla di “regno di trans” e “regno di prostitute”, mi chiedo, quali sarebbero le regine? Ho il timore che le prostitute non abbiamo nessun regno né reale né immaginario. Poi quando l’articolo conclude che “le lucciole almeno hanno un protettore mentre i residenti chi li tutela?, noi operatori del sociale, come facciamo a ridere di una battuta simile? E se non fosse una battuta? E se qualcuno credesse davvero che i protettori proteggono le prostitute peccaminose beate loro? Ciascuno pensi quello che vuole ma io conosco una realtà diversa. Fatta di donne e ragazze che sono povere, minorenni, disperate, sfruttate, schiavizzate.

Il fenomeno non sono loro, le ragazze. Sono i trafficanti di cuori e i consumatori di sesso.

Carlo Cotza, ARC

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