Dopo anni di battaglie, dopo l’occupazione del consiglio comunale con i suoi strascichi giudiziari, dopo 5000 firme raccolte in città e una vastissima mobilitazione popolare, il consiglio comunale di Sassari approva, finalmente, il registro delle Unioni Civili. Convitate di pietra, nella discussione, proprio quelle coppie omosessuali alle quali il testo si riferisce. Il registro non ha infatti alcun valore effettivo sui diritti reali delle coppie ma sancisce una uguaglianza, almeno sul piano politico e culturale, di tutte le tipologie di famiglie. Ma, mentre le coppie di fatto eterosessuali vedono già ampiamente riconosciuti i loro diritti dalla giurisprudenza, possibilità di visita del partner in ospedale e in carcere, subentro nel contratto d’affitto, reversibilità della pensione ecc., quelle gay non possono accedere ad alcuno di questi diritti. Un riconoscimento pubblico di pari dignità, interessa quindi solo le coppie omosessuali, che necessitano di una accettazione sociale ancora prima che una legge quadro che ne definisca diritti e doveri. Purtroppo nessuno, tranne forse il consigliere Carta (Ora si), che ha ricordato come la richiesta del registro sia partita proprio dalle coppie gay, ha sottolineato questa enorme differenza persino tra le coppie di fatto. Ambedue, sia quelle gay che quelle etero, necessitano di una legge, ma attualmente viaggiano su binari differenti. Comunque sia, l’approvazione di ieri è sicuramente un passo avanti ed un riscatto per la nostra città che, nella scorsa legislatura, era arrivata alla sua massima espressione di omofobia con la condanna del MOS e del diritto di gay e lesbiche a protestare per i propri diritti. Non possiamo che ringraziare il nuovo consiglio nella speranza che, quando verrà presentata, la mozione contro l’omofobia venga approvata all’unanimità.
Di seguito l’articolo de La Nuova Sardegna
Non ha valore giuridico ma è un piccolo passo per riconoscere i diritti delle coppie di fatto
SASSARI. C’è chi, come Giampaolo Mameli o Raffaele Tetti, ovvero i promotori dell’iniziativa, definiscono i 25 «Sì» e gli unidici «No» un momento storico per la città. Qualcuno della minoranza invece pensa si tratti di un grande spreco di energie, visto che il documento appena approvato si tradurrà in un nulla di fatto giuridico. Sicuramente, quello che ieri la politica ha lanciato dall’aula consiliare, è un bel segnale di civiltà. Il clima in aula è cambiato e si capisce da subito che Sassari, questa volta, avrebbe avuto il registro delle Unioni Civili. Nessun consigliere si avventura in disquisizioni darwiniane sulle leggi di natura, o scivola su poco eleganti definizioni dell’omosessualità come in passato. La maggioranza ha tutti i numeri per approvare la pratica e l’unica voce fermamente contraria alle coppie di fatto resta quella di Giancarlo Rotella (Upc).
A Palazzo Ducale, seduti tra il pubblico, ci sono anche diversi esponenti del Mos (Movimento omosessuale sardo), ma non hanno bandiere e non c’è risentimento negli sguardi. Ascoltano il dibattito e talvolta sottolineano gli interventi scuotendo la testa oppure con rapidi applausi e un pizzico di sarcasmo. Tanto anche loro sanno benissimo che si sta discutendo di un simbolo, di un’idea, e quel Registro non gli cambierà certo la vita. Non gli consegnerà tra le mani più tutele e non li difenderà dall’intolleranza della gente. Però un piccolo passo avanti nel riconoscimento dei loro diritti lo segna: perché il fatto che un Comune si pronunci ufficialmente sul tema delle coppie di fatto, ne sancisca l’esistenza e le assimili a una “normale” famiglia, significa prepare il terreno sociale allo step successivo, dove spetterà alla mano del legislatore nazionale mettere per iscritto i diritti e i doveri di un’unione civile, e garantire a questa istituzione una valenza giuridica.
E’ proprio da questo ragionamento che sono partiti i consiglieri Sergio Scavio (Sel) e Efreen Carta (Ora Sì) per cercare di convincere la minoranza a votare a favore del Registro. «Non stiamo facendo altro che estendere dei diritti – dice Carta – non si danneggiano i cattolici e le famiglie tradizionali. E non sottovaluterei la portata di un atto amministrativo, perché va a creare una prassi per una successiva traduzione giuridica». Scavio invece fa un salto indietro nel tempo, richiamandosi all’approccio che la Democrazia Cristiana ebbe sul tema dell’aborto o del divorzio: «Prevalse uno spirito laico, che non significa ateismo. La laicità è il terreno di confronto tra l’anima progressista e quella più tradizionalista di una comunità. Moro, per formazione culturale, non avrebbe mai condiviso il divorzio: ma considerò le istanze della società e i migliaia di matrimoni naufragati. Lo stesso ragionamento occorre fare per le coppie di fatto: non bisogna pensare al proprio elettorato, ma a tutta la città». E in Italia, di coppie di fatto, ce ne sono almeno 1 milione e mezzo. «Da poco la Camera dei Deputati ha licenziato con voto bipartisan – dice Pierpaolo Bazzoni (Pd) – lo “Statuto dei figli”. Si tratta di una legge che tra le altre cose sancisce finalmente sul piano giuridico che figli all’interno di una coppia di fatto siano riconosciuti come fratelli. Spero che questa legge costituisca il terreno fertile da cui potrà nascere la legge sulle Unioni civili».
E le tre ore di animato dibattito a Palazzo Ducale sono un altro piccolo bagliore, un segnale luminoso, in mezzo a un’attenzione che cresce.
Esprimo grande soddisfazione per l’importante risultato ottenuto.
Un abbraccio a tutti e forza paris !!!
Manuel