USA: no ai gay nei Boy Scouts

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Di Massimo Mele il 19 Luglio 2012. Nessun commento

Gli Scout sono un’associazione fondata nel 1907 da Robert-Baden Powell, un militare dell’esercito inglese. La creazione dello scoutismo risponde, secondo Powell, all’esigenza di formare (socializzare) i giovani e aiutarli a diventare dei buoni cittadini. Attualmente il gruppo conta decine di milioni di iscritti in tutto il mondo e rappresenta una delle più grandi agenzie di socializzazione dopo l’istituzione scolastica.
Recentemente il movimento Scout degli Stati Uniti ha rivisto alcune delle regole che disciplinano l’accesso al loro movimento. I Boy Scout of America hanno infatti, dopo due anni di intense discussioni al loro interno interno, confermato la disposizione per cui ai gay non è concesso far parte della loro organizzazione.

L’annuncio della volontà di perseguire nella politica di esclusione dei gay, perché considerata «la migliore per i boy scout», giunge dopo due anni di lavoro segreto e discretissimo di un comitato di 11 persone formato nel 2010, e dopo che una petizione con ben 300mila firme era stata consegnata alla dirigenza dell’associazione da gruppi che avrebbero voluto una maggiore apertura nei confronti dell’omosessualità.

Il portavoce dell’associazione con sede a Dallas, Deron Smith, ha spiegato che la commissione, pur «con diverse prospettive e opinioni», è stata unanime nel «raccomandare che la politica fin qui seguita dagli Scout d’America sia preservata». Un altro responsabile, Bob Mazzucca, ha ricordato che «la maggior parte delle famiglie hanno detto di volersi occupare personalmente delle tematiche riguardanti l’orientamento sessuale», e ha aggiunto che quindi l’associazione non farà nulla a proposito della petizione che chiedeva di riconsiderare una posizione ritenuta troppo chiusa e tradizionalista.

La commissione, composta da volontari, ex scout e attuali dirigenti, ha da parte sua detto di essersi basata anche sul pronunciamento a maggioranza della Corte Suprema, avvenuto nel 2000, che aveva sostenuto l’esclusione dei gay . «Con il Paese che avanza verso una maggiore inclusione», ha commentato Chad Griffin, presidente di Human Rights Campaign, il più importante gruppo per i diritti dei gay negli Usa, «i leader dei Boy Scout d’America hanno scelto di insegnare la divisione e l’intolleranza».

E dire che una recente inchiesta mostrava che la maggioranza degli scout in realtà è attratta da persone dello stesso sesso e che, se uno ci pensa, è perfettamente logico perché è così da sempre. Una contraddizione che il governo Obama è riuscito a sciogliere convincendo anche i tetragoni papaveri del Pentagono ad accettare per semplice buon senso la libera dichiarazione delle proprie preferenze sessuali tra i militari. Persino le associazioni di scout femminili come Girl’s scout hanno levato questo ridicolo embargo, ma la bigotta Bsa resiste con tenacia dal 1910, anno della sua fondazione.

Anche all’interno dell’associazione, però, ci sono state delle divisioni: due importanti membri del comitato esecutivo nazionale, l’amministratore delegato di Ernst & Young, James Turley, e l’amministratore delegato di At&T, Randall Stephenson, hanno detto di non essere d’accordo e di voler cambiare la politica di ammissione all’associazione.

I casi di Jennifer Tyrrell, madre di quattro bimbi e ex leader di un gruppo di piccoli scout, improvvisamente espulsa lo scorso aprile perché gay, e di un diciannovenne del Missouri costretto a lasciare dopo aver fatto coming out, hanno suscitato negli Stati Uniti un aspro dibattito. E la conseguente raccolta di firme.

«Ha trionfato la parte più tradizionalista e legata ai valori della famiglia “normale”», ha detto al Los Angeles Times il padre di uno scout, ricordando tuttavia che nell’ambito dello scoutismo – che conta almeno un milione di adulti volontari negli Usa – va annoverato anche lo scandalo dei cosiddetti “perversion files”. Si tratta di migliaia di pagine di documenti processuali divulgati poche settimane fa in Oregon e diventati un pesante atto di accusa degli abusi sessuali e delle altre violenze commesse dai “capi clan” sui ragazzi in tutti gli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Ottanta.

Fonte Agoravox.it, Globalist.it, ilsecoloXIX.it

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