«Un bellissimo esercizio di cittadinanza»: i diritti civili in Italia dagli Settanta al Ddl Zan

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Di Luisa Cutzu il 17 Gennaio 2022. Nessun commento

Se provvistз di corazze resistenti o di una certa predisposizione al masochismo, si può seguire incolumi un dibattito pubblico sui diritti civili che scade volentieri in luoghi comuni e mistificazioni della realtà che vogliono pregiudizi, violenza e discriminazioni ai danni delle persone Lgbtq+, delle donne e delle persone con disabilità come sconfitti e, a oggi, inesistenti. Il saggio del deputato Alessandro Zan mira a decostruire questo immaginario e ci invita a delle riflessioni più approfondite sulla società in cui viviamo.

Nelle statistiche riportate sulla Rainbow Map,documento elaborato annualmente dalla International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association che mostra lo stato dei diritti civili nel mondo, l’Italia è al 35° posto su 47 [nel mondo] per inclusione sociale e accettazione nei confronti della comunità Lgbtq+ (https://rainbow-europe.org/country-ranking#). Questo primo dato serve da spunto in Senza paura. La nostra battaglia contro l’odio (Piemme, 169 pagine, 16,90 euro) per ragionare sull’idea che una società pensata e costruita per pochз non possa più essere l’unica possibile per tuttз. 

Nell’invitarci a riflettere su questa realtà, Zan usa dei toni lontani dalla recriminazione e il suo scopo sembra essere un sincero desiderio di accompagnare chi legge a scoprire la storia, punto per punto, dei diritti civili in Italia e verso quale direzione, oggi, si possa andare. A condurci in questa scoperta sono le storie di chi per questi diritti si è impegnatз personalmente, tra cui lo stesso Zan, espediente che rende la lettura coinvolgente e, in un certo senso, incoraggiante: le righe dedicate alla storia del Pride e al come e quando è arrivato in Italia, i racconti di quotidiano attivismo e dei risultati ottenuti in materia di legislazione, la storia della Legge Cirinnà sulle unioni civili (di cui l’autore non manca di sottolineare le problematicità), fanno guardare al passato con qualche strumento in più per decodificarlo e al futuro, forse, con maggiore speranza.

Non si creda per questo che Zan proceda per sentimentalismi o toni enfatici: non farsi ingurgitare dall’odio non significa essere illusз o incoscienti (non sono un idealista, soprattutto non sono un ingenuo, so in quale paese sono nato e ho vissuto finora, so in che Italia ho dovuto affermare la mia omosessualità) ma mantenersi lucidз nel portare avanti le rivendicazioni di una moltitudine di persone.

Questo saggio ci accompagna, poi, nel comprendere come il DDL Zan, che non si pone(va) come soluzione a un problema complesso ma come primo passo in una più lungimirante programmazione in materia di diritti, sia stato concepito e quali effetti punta(va) a produrre dato che la legge contro i crimini d’odio è solo un pezzo del percorso, ma nessuna legge, per quanto ben scritta, può davvero eliminare l’omofobia e la violenza. E nei riguardi dellз benaltristз che vogliono il governo e la società impegnati in battaglie più importanti, o più care agli italiani, Zan non manca di rispondere che gay, lesbiche, bisessuali e transgender sono italiani. Ogni tanto ci tocca ancora ricordare l’ovvio.

Viene poi chiarito come la necessità di un intervento che possa veicolare un cambiamento non sia mera propaganda politica o il concretizzarsi di una fantomatica ideologia gender,come a moltз piace sostenere, ma ciò che le istituzioni devono assumersi il compito di fare (e certo, dopo aver assistito alle esultanze per l’affossamento della legge che avrebbe dovuto tutelare donne, persone con disabilità e persone Lgbtq+, è se non altro difficile continuare a negare l’esistenza di una discriminazione istituzionalizzata, di una violenza che più che essere occasionale è prontamente esibita all’occasione).

L’autore chiude immaginando un ipotetico futuro in cui donne, persone con disabilità e persone Lgbtq+ non debbano più scambiare l’invisibilità con la cittadinanza, in cui il Pride possa essere un momento di pura gioia collettiva, una celebrazione delle varie identità e un invito a non dimenticare cosa abbia significato lottare per vedere riconosciuto il proprio diritto a esistere. Non scade per questo nella retorica ma mostra quale possa essere il risultato potenziale di una militanza continua. Intendere i diritti come esercizio di cittadinanza, ossia interrogarsi costantemente sulle esigenze della società e del proprio ruolo nell’istituire un cambiamento, può contribuire in maniera significativa a fare della battaglia di pochi la battaglia di tutti.

Roberta Passaghe

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