Tra Obama e Putin l’Italia sceglie la Russia conservatrice

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Di Massimo Mele il 29 Gennaio 2013. Nessun commento

Attivista gay arrestata a Mosca

«Il nostro viaggio non sarà finito sino a quando i nostri fratelli e le nostre sorelle gay non saranno trattati come gli altri davanti alla legge. Dobbiamo fare in modo che queste parole, questi diritti, questi valori, di libertà e uguaglianza divengano realtà per ogni americano. È questo il compito della nostra generazione». Con queste parole Barack Obama ha sdoganato definitivamente la “questione omosessuale”, elevando la lotta per i diritti di gay e lesbiche a battaglia prioritaria per i diritti umani di tutto il popolo americano. Popolo richiamato da un We, the people (noi il popolo) ispirato da Abraham Lincoln, l’uomo che guidò il popolo dell’Unione attraverso la guerra di secessione e liberò dalla schiavitù i neri americani. Non più quindi la lotta di una minoranza per i suoi diritti, ma quella di un popolo per l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Per questo, nel discorso di Obama, la rivolta di Stonewall, da cui nacque la giornata dell’Orgoglio Gay, assume un valore storico al pari di quegli avvenimenti che hanno segnato il percorso dei movimenti di liberazione delle donne e dei neri americani. Nessun tentennamento, nessun distinguo, nessuna differenza: “Se siamo stati creati tutti uguali allora anche l’amore con cui ci impegniamo verso l’altro deve essere lo stesso”. Mentre Obama pronunciava il suo storico discorso, in Russia gay e lesbiche che protestavano contro una legge liberticida venivano aggrediti fisicamente da gruppi di nazionalisti e di ortodossi, se non dalla stessa polizia. Il Parlamento russo si appresta infatti ad approvare la legge contro “la propaganda gay”, una legge che prevede multe e carcere per le persone omosessuali che esprimono apertamente il loro orientamento sessuale in presenza di minori, equiparando di fatto manifestazioni come i Gay-pride, dai cortei fino al semplice volantinaggio, alla propaganda della pedofilia. Dopo il divieto agli americani di adottare orfani russi, come ritorsione al Magnitsky Act, legge USA contro le violazioni dei diritti umani di cittadini russi, i minori sono usati ancora una volta come arma ideologica nella politica di repressione e discriminazione del dittatore Putin. Mai come ora la distanza fra le due principali superpotenze del XX secolo poteva essere più profonda. E l’Italia, storicamente filo americana, oggi si trova indubbiamente più vicina alla Russia.

Se in tutto il mondo occidentale, persino in Sudafrica e nella repubblica Ceca, l’omofobia viene condannata e combattuta su tutti i fronti, a partire dal riconoscimento della piena cittadinanza alle persone omosessuali e transessuali, in Italia i politici non riescono a liberarsi dall’abbraccio mortale del Vaticano. Che, in Europa come all’Onu, continua a rivendicare il suo diritto a discriminare gay e lesbiche in nome della libertà religiosa, al punto da contrastare in ogni modo, e contro la sua stessa ideologia, una moratoria internazionale contro il carcere e la pena di morte per le persone omosessuali. Così, in piena campagna elettorale, dopo un incontro con il cardinal Bagnasco, anche il laico, moderno ed europeista Mario Monti proclama, non senza imbarazzo, tanto da balbettare per lunghi e interminabili secondi, il suo no ai matrimoni gay, perchè “la famiglia è costituita da uomo e donna”. Lo segue Albertini, candidato di Monti alla presidenza della Lombardia, che dichiara “il figlio di una coppia gay è quasi obbligato ad essere gay”. Ridicolo si, ma non volgare quanto la “puzza di becero frosciame” che l’addetto stampa del PdL in Sardegna, Paolo Trudu, scrive su Facebook all’indirizzo della sinistra di Nichi Vendola.

Omofobia come strumento di propaganda politica e di conquista di un voto cattolico che non vogliamo credere potrà davvero premiare tanto odio e cattiveria. Come non essere d’accordo con Saviano quando sostiene che “Lasciare i bambini negli istituti piuttosto che riconoscere loro il diritto ad una vera famiglia è “la peggiore delle cattiverie”.

Barbara Tetti e Massimo Mele
Movimento Omosessuale Sardo

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