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Di Luisa Cutzu il 26 Aprile 2022. Nessun commento

Vi sarà capitato che qualcunə vi domandasse un consiglio su un film o una serie tv a tema lesbico e che vi imponesse un unico veto: l’importante è che non sia una storia tragica.

Per lungo tempo abbiamo avuto la percezione che la rappresentazione dell’amore saffico coincidesse necessariamente con un dramma irrisolvibile o una morte improbabile. E non abbiamo torto: il mainstream ha spesso puntato su questo tipo di narrazione. Dal canto nostro, abbiamo cercato – fin dove possibile – di svincolarci da questa lettura e di selezionare i titoli che, per noi, sono quelli che più di altri hanno segnato (e continueranno a farlo) il percorso di scoperta di sé affrontato da ogni donna omosessuale.

Quindi, per celebrare degnamente la Giornata della Visibilità Lesbica, vi proponiamo 15 titoli (5 film, 5 serie tv e 5 libri) che dovreste recuperare (o ri-affrontare).

  1. CUORI NEL DESERTO (Desert Hearts, Donna Deitch, 1985)

Il film, ambientato nel 1959 in Nevada, racconta la storia di Vivian e Cay; la prima è professoressa universitaria, la seconda è impiegata in un casinò. Le due donne imbastiscono una relazione che diviene sempre più intima con l’avanzare della narrazione. Cuori nel deserto, diretto da Donna Deitch, regista dichiaratamente lesbica, entra a piene mani nella definizione – dalle maglie molto larghe – di cinema lesbico e diviene uno spartiacque del genere per merito del suo lieto fine.

  • GO FISH (Rose Troche, 1994)

È il 1992 quando B. Ruby Rich teorizza l’esistenza di un nuovo momento cinematografico: il New Queer Cinema. Go Fish, diretto da Rose Troche e scritto a quattro mani insieme a Guinevere Turner, rientra in pieno in questo movimento. Il film, presentato al Sundance Film Festival, racconta le dinamiche di un gruppo di amiche lesbiche nella Chicago dei primi Novanta.

  • THE FEMALE CLOSET (Barbara Hammer, 1998)

The Female Closet è un documentario necessario. Barbara Hammer, attraverso interviste e materiale d’archivio, racconta la vita e l’omosessualità misconosciuta di tre artiste: la fotografa Alice Austen, la dadaista Anna Hoch e la newyorkese Nicole Eisenman. In questo caso, il closet del titolo è rappresentato dalla storia e dai musei che hanno ospitato le opere delle artiste ma che hanno volutamente invisibilizzato il loro lesbismo.

  • L’ALTRA METÀ DELL’AMORE (Lost and Delirious, Léa Pool, 2001)

Lo sapevamo fin dall’inizio: sarebbe giunto il momento di affrontare anche il titolo strappalacrime. L’altra metà dell’amore, tratto dal romanzo The Wives of Bath di Susan Swan, racconta di un amore lesbico giovane (ma poco spensierato) che nasce in un college femminile. Un film imperfetto, ma che ha fatto sospirare tante giovani lesbiche; le stesse che, oggi, si sentono troppo vecchie per Tinder ma ancora troppo giovani per gettare la spugna.

  • CAROL (Todd Haynes, 2016)

Carol è l’unico film in lista ad essere stato diretto da un uomo. È però importante precisare che Todd Haynes (regista omosessuale noto per aver diretto altri titoli significativi per l’universo LGBTQ+ come Poison, Velvet Goldmine e Lontano dal paradiso) è stato scelto da un nutrito numero di donne che hanno ricoperto ruoli chiave nella produzione del film: penso, ad esempio, a Phyllis Nagy che ha curato la sceneggiatura e Dorothy Berwin, produttrice esecutiva. La storia di Carol, tratta dal romanzo The Price of Salt di Patricia Highsmith (del quale parleremo in seguito) è nota. In questa sede ricordiamo un dettaglio interessante che unisce il film con il romanzo: Nagy ha impiegato 15 anni per scrivere la sceneggiatura; era talmente affezionata a Highsmith e al romanzo che voleva fare un lavoro impeccabile.

  1. THE L WORD (Ilene Chaiken, 2004-2009)

Nel 2004 fa la sua prima apparizione una delle serie televisive più importanti per il pubblico lesbico: The L Word. A distanza di anni, le avventure di Shane, Alice, Bette e Tina continuano a tenere viva l’attenzione di donne di ogni età che in quelle dinamiche si rivedono o forse sognano un giorno di viverle. Diversi anni dopo (10, per l’esattezza), è uscita The L Word – Generation Q che ha il pregio di aver messo in comunicazione due generazioni con naturalezza e con uno sguardo attento ai continui cambiamenti del mondo LGBTQ+.

  • LIP SERVICE (Harriet Braun, 2010-2012)

Un anno dopo aver salutato il gruppo di West Hollywood, dal Regno Unito è arrivata la risposta scozzese. Lip Service racconta infatti le vite di un gruppo di donne lesbiche di Glasgow, mettendo in scena quotidianità, abitudini e relazioni. La serie è stata interrotta alla seconda stagione, e non fatichiamo a capire il perché (attendiamo i vostri commenti), ma la prima rimane un gioiellino tutto da gustare.

  • ORANGE IS THE NEW BLACK (Jenji Kohan, 2013-2019)

Piper Kerman finisce in carcere per riciclaggio di denaro. Racconta la sua esperienza in un diario che verrà pubblicato qualche anno dopo aver scontato la sua pena. Nel 2013, quello stesso diario viene portato sul piccolo schermo, offrendo al pubblico di tutto il mondo uno spaccato tanto divertente quanto emozionante della vita carceraria femminile. Orange is the new black, composta da ben 7 stagioni, racconta un microcosmo, composto da tante soggettività tutte diverse e uniche, che riflette le stesse dinamiche e contraddizioni che caratterizzano la società oltre le sbarre.

  • ORPHAN BLACK (Graeme Manson e John Fawcett, 2013-2017)

Diversamente da tutte le altre serie, in Orphan Black il lesbismo non è centrale, ma giunge a un certo punto e non vi diciamo altro. La serie tv racconta la storia di Sarah Manning che, per caso, scopre di essere un clone. Dal giorno in cui avviene questa strana scoperta, Sarah indaga per ricostruire la sua identità e quella di tutte le sue “sorelle”. Una di loro, ça va sans dire, è lesbica. Prodotto canadese, Orphan Black merita attenzione non solo per la storia raccontata, ma soprattutto per le capacità attoriali di Tatiana Maslany che, come potrete immaginare, si trova a interpretare numerose personagge (5 delle quali presenti dalla prima alla quinta stagione). Un lavoro incredibile di cui si parla troppo poco.

  • FEEL GOOD (Mae Martin, 2020-2021)

Feel Good è stata scritta e interpretata da Mae Martin, attrice queer di origini canadesi. La serie, semi-autobiografica, segue le vicende di Mae che cerca di trovare un equilibrio tra la vita sentimentale (ha una relazione con George, una ragazza all’apparenza molto distante da lei), le sue dipendenze, le sue ossessioni e il suo lavoro (stand-up comedian). Composta da pochissimi episodi (12 in tutto, da 25 minuti ciascuno), Feel Good si lascia guardare con semplicità, complice una scrittura curatissima e la naturalezza con cui si affrontano argomenti di varia natura.  

  1. ORLANDO (Orlando: A Biography, Virginia Woolf, 1928)

Virginia Woolf scrive Orlando nel 1928. Leggendolo oggi, sembra incredibile che un testo di tale portata sia stato scritto in un periodo storico così lontano dal nostro. Il romanzo, che racconta le avventure di Orlando, un giovane cortigiano che si ritrova a vivere diverse vite, in diverse epoche storiche, fino addirittura a cambiare sesso e diventare donna, è un omaggio che la scrittrice fa a Vita Sackville-West. Secondo il figlio di quest’ultima, Orlando è «la più lunga lettera d’amore della storia».

  • CAROL (The Price of Salt, Patricia Highsmith, 1952)

Il romanzo racconta la vita di Therese, giovane scenografa, che, durante un impiego temporaneo presso un grande magazzino, incontra per caso una donna molto elegante, misteriosa e intrigante: Carol Aird. C’è un aspetto però di Carol che colpisce forse più della storia stessa; è un passaggio presente nella postfazione del romanzo, scritto dalla stessa Highsmith: «l’interesse di The price of salt stava nel fatto che i due personaggi principali arrivavano ad un lieto fine, o almeno al tentativo di avere un futuro insieme. In precedenza, nei romanzi americani gli omosessuali, maschi e femmine, avevano dovuto pagare il fio della loro “deviazione” con il tagliarsi le vene, con l’annegarsi in una piscina, oppure con il passare all’eterosessualità (così veniva affermato), o con il precipitare -soli, infelici e messi al bando- in una depressione che equivaleva ad un inferno sulla terra. Molte delle lettere che ricevevo recavano messaggi tipo: “Il suo è il primo libro del genere (…). Non tutti ci suicidiamo, e molti di noi se la passano bene.” Altre dicevano: “Grazie d’avere scritto una storia così. È un po’ come la mia storia personale…”». Non stupisce che le lettrici degli anni Cinquanta siano rimaste piacevolmente stupite dalla storia narrata, visto l’andamento inedito e il finale fuori dal canone.

  • L’ARTE DELLA GIOIA (Goliarda Sapienza, 1976)

L’arte della gioia racconta la vita di Modesta, donna siciliana, vitale, fuori da ogni schema. La storia editoriale del romanzo è travagliata: Sapienza impiega più di dieci anni per scriverlo; ne viene pubblicata solo una parte nel 1994, si tratta di un testo troppo scandaloso; nel 1996 Sapienza viene a mancare; nel 1998 – a 22 anni dalla stesura – viene pubblicato, ormai postumo, ma in un numero limitato di copie; in Italia, il romanzo non ottiene successo. Nel 2005, in Francia, L’art de la joie diviene un caso letterario. Nel 2008, Einaudi, decide finalmente di pubblicarlo e di restituire – al romanzo e a Sapienza – la giusta attenzione da parte del pubblico. Un libro incredibile. Preparatevi: perché dopo aver concluso L’arte della gioia vi sentirete smarrite e vorrete leggere tutti gli altri romanzi di Sapienza.

  • SORELLA OUTSIDER – Gli scritti politici di Audre Lorde (traduzione a cura di Margherita Giacobino, Marta Gianello Guida, 2014)

Audre Lorde, come si legge nella IntrAduzione del testo a cura di Margherita Giacobino, «è stata per anni in Italia un mito sotterraneo, le sue parole tradotte e messe in circolazione nei canali alternativi». La casa editrice Il Dito e La Luna fa quindi un lavoro necessario: raccoglie tutti i suoi scritti in prosa e ci restituisce con pienezza le diverse sfaccettature di Lorde, poeta, femminista, Nera, madre, guerriera, lesbica.

  • RAGAZZA, DONNA, ALTRO (Girl, Woman, Other, Bernardine Evaristo, 2019)

Parlare di questo romanzo è complicato per un solo motivo: è talmente tanto potente – da un punto di vista emotivo – che qualsiasi parola per descriverlo non farebbe altro che sminuirlo. Ci affidiamo quindi alla breve descrizione riportata in quarta di copertina (edizione BigSur): «Dalle storie (sentimentali, sessuali, familiari, professionali) di queste donne nasce un romanzo corale con dodici protagoniste: etero e gay, nere e di sangue misto, giovani e anziane; impiegate nella finanza o in un’impresa di pulizie, artiste o insegnanti, matriarche di campagna o attiviste transgender. Cucite insieme come in un arazzo, le loro vite […] formano un romanzo anticonvenzionale e appassionante che rilegge un secolo di storia inglese da una prospettiva inedita e necessaria».

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