L’Aids c’è ma non si vede. L’intervento del MOS per il 1° Dicembre

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Di Massimo Mele il 17 Dicembre 2012. Nessun commento

Un manifesto del MOS sul preservativo

Oggi, come ogni anno in questa data, ci ritroviamo ad analizzare i dati sulla diffusione dell’HIV e dell’Aids in Sardegna e nel resto del mondo.  A verificare i progressi sulle terapie e gli studi su eventuali vaccini, oggi ancora fermi alla profilassi pre e post esposizione, con tutti i dubbi e le problematiche che ne derivano. Purtroppo il 1° Dicembre è, ormai, una delle poche, se non uniche possibilità che ci rimangono di parlare di questa “malattia” e, sopratutto, di fare informazione.

Eppure, a dispetto della percezione collettiva che vorrebbe l’Aids, se non sconfitto, perlomeno costretto nell’angolo, i dati sulle trasmissioni annuali del virus non sono certo incoraggianti. Se da una parte i casi di Aids, e quindi le ospedalizzazioni, sono diminuite enormemente grazie al buon andamento delle terapie antiretrovirali, dall’altra i casi di nuove infezioni hanno avuto solo una leggera flessione dovuta principalmente alla diminuzione del rischio nei rapporti sessuali non protetti con persone HIV+ sotto terapia. Nel 2010 sono stati diagnosticati 5,5 nuovi casi di sieropositività ogni 100.000 residenti e, di questi, l’80,7% sono attribuibili a contatti sessuali non protetti. Quindi, se sommiamo la forte diminuzione di trasmissione fra tossicodipendenti e la diminuzione del rischio nei rapporti sessuali con persone HIV+ sotto terapia, risulta che il numero globale delle esposizioni è persino aumentato rispetto agli anni passati.

Secondo i dati ufficiali il gruppo più numeroso è rappresentato dalle persone eterosessuali e la via di trasmissione primaria sono i rapporti sessuali non protetti. L’incidenza maggiore è fra gli adulti intorno ai quaranta e fra gli adolescenti. I primi forse perché convinti che l’Aids non li riguardi, gli ultimi perché cresciuti nella quasi totale assenza di campagne di informazione e prevenzione che ne influenzassero i comportamenti. E’ forse per questo che sono in tanti a scoprire la propria sieropositività solo all’insorgere di infezioni opportunistiche, ovvero quando si trovano già in stato di Aids più o meno conclamato.

Gli adolescenti di oggi, che non hanno vissuto il bombardamento mediatico degli anni novanta, non conoscono, se non marginalmente e in maniera confusa, tutto quello che riguarda l’HIV e le sue modalità di trasmissione. Forse anche a causa di un’informazione superficiale e sbagliata.

Rispetto agli adulti il discorso è più complesso e si inserisce nella tipologia di informazione e nell’immaginario che accompagna l’Aids, sopratutto in Sardegna. La “peste gay”, la “punizione divina per i tossicodipendenti” e sciocchezze simili hanno prodotto stereotipi sull’Aids che con grandissima difficoltà le associazioni hanno cercato, per anni, di combattere. Compito ancora più difficile in Sardegna dove la tematica è stata sempre dominata dal binomio Aids-Droga.

Difficoltà, questa, che abbiamo vissuto sulla nostra pelle nelle numerose campagne di informazione e sensibilizzazione su HIV e Aids da noi svolte, sopratutto negli anni ’90 e 2000. Campagne che ci hanno visto sempre in prima linea, nella nostra città e non solo, spesso in totale solitudine e, nella maggior parte dei casi, basandoci solo sull’autofinanziamento.

Nel 2003/2004, grazie ad un contributo della Fondazione Banco di Sardegna, abbiamo svolto un’indagine a livello regionale sulla conoscenza dell’Aids nella popolazione giovanile con lo scopo di definire le linee guida di campagne informative mirate, da sviluppare sul territorio. L’indagine ha prodotto un cd rom, ancora attuale, e una prima campagna di sensibilizzazione con la distribuzione di più di 60.000 opuscoli e l’affissione di diversi manifesti informativi, tra cui anche quello premiato in un concorso nazionale sulla comunicazione sociale.

Da qualche anno proviamo a costruire un nuovo comitato per la lotta all’Aids, cercando di mettere insieme le poche realtà che oggi si occupano di HIV a Sassari e di creare una nuova campagna di informazione incentrata sulla prevenzione (nello specifico il sesso sicuro, principale via di trasmissione) e sulla sensibilizzazione rispetto al test. Su questo punto dobbiamo purtroppo sottolineare la difficoltà che si incontra nella nostra città, dato che nessuna struttura pubblica o convenzionata, ad eccezione del reparto di malattie Infettive, rispetta il principio dell’anonimato sancito dalla legge 135/90 sull’Aids, scoraggiando di fatto buona parte della popolazione.

Da ultimo vorremmo portare la vostra attenzione su un fatto piuttosto sintomatico del mancato impegno nella lotta all’Aids, ovvero la “mai ultimata” nuova clinica di Malattie Infettive che vide il suo primo finanziamento nel lontanissimo 1993 e che, ancora oggi, non è a disposizione della città.

 

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