Calcio: Prandelli “Omofobia come razzismo. Fate coming out”

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Di Massimo Mele il 26 Aprile 2012. Nessun commento

“Mi stupisce quando fa clamore una notizia che non dovrebbe essere notizia. Quando uno parla d’amore, quando si parla di sentimenti , ogni persona deve avere il diritto di amare chi vuole. Il mondo del calcio non e’ fuori dalla societa’, non e’ fuori dal mondo, ma e’ nel mondo, quindi quello che ho detto su certi argomenti, rientra nella normalita'”. Lo ha detto il ct della Nazionale italiana Cesare Prandelli, tornando sulle polemiche sorte dalla sua prefazione all’ultimo libro di Alessandro Cecchi Paone, inerenti l’omofobia nel calcio. Il c.t e’ intervenuto quest’oggi, presso il ‘Giardino dell’Orticoltura’ a Firenze, all’inaugurazione di un’installazione in un’aiuola di un monumento colorato alla solidarieta’ ridipinto da Karin Engman. “Quando c’e’ sentimento, quando c’e’ amore, non bisogna avere paura dei propri sentimenti e bisogna rispettare ogni forma d’amore”ha aggiunto ancora Cesare Prandelli. Rispetto alla prefazione per il libro di Cecchi Paone, il CT risponde «È una richiesta che ho accolto con entusiasmo, senza pensarci un minuto, il vero successo sarà quando non se ne parlerà più». E ancora “L’ omofobia è razzismo, è indispensabile fare un passo ulteriore per tutelare tutti gli aspetti dell’ autodeterminazione degli individui, sportivi compresi – scrive il ct -. Nel mondo del calcio e dello sport resiste ancora il tabù nei confronti dell’ omosessualità, mentre ognuno deve vivere liberamente se stesso, i propri desideri e i propri sentimenti. Dobbiamo tutti impegnarci per una cultura dello sport che rispetti l’ individuo in ogni manifestazione della sua verità e libertà. I tempi sono maturi: magari, presto, qualche calciatore farà coming out”.
Il calcio è sicuramente l’ enclave ipocritamente eterosessuale per eccellenza di un playground che, altrove, si è concesso boccate d’ aria e d’ onestà: il tennis (dalle pioniere Billie Jean King e Martina Navratilova ad Amelie Mauresmo), i tuffi (Greg Louganis e Matthew Mitcham), il ciclismo (Judith Arndt), la scherma (Imke Duplitzer), persino il pugilato (Mark Leduc) e il virile rugby (Gareth Thomas).
Dopo le quote rosa in Parlamento, forse ci vorrebbero le quote gay nello sport, però alla base della convivenza civile resta il diritto alla privacy e, sul fronte opposto, il dovere di farsi i fatti propri. Siamo così convinti che 22 anni dopo Justin Fashanu, attaccante inglese suicidatosi per la vergogna dell’ accusa di stupro di un diciassettenne, l’ Italia sia pronta per questo fulminante contropiede, Mister? «Sì». Riparliamone tra cent’ anni, magari. «Volentieri. Io ho molta pazienza»

Fonti AGI.it, corriere della sera

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