Promuovere il turismo Lgbt, tra stereotipi e strade da percorrere. E la Sardegna?

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Di Massimo Mele il 3 Aprile 2015. 19Commenti

turismo-gayLa Gran Bretagna si dimostra attenta al turismo Lgbt dedicando a questa rilevante fetta di mercato una sezione su Expedia e promuovendo quest’ultima con uno spot in cui sono protagoniste coppie lesbiche e gay. Già nel 2013 l’agenzia on line di viaggi aveva realizzato un video, dal titolo “Find your understanding”, in cui si tematizza il viaggio come opportunità per cambiare la propria
prospettiva sulla vita, e in particolare sulla maniera di vedere l’amore tra persone dello stesso sesso.
Il protagonista del video è infatti un padre che attraversa gli Stati Uniti per partecipare al matrimonio della propria figlia con un’altra donna. Una volta giunto a destinazione, scopre che i suoi dubbi a riguardo sono nulla rispetto all’emozione e alla felicità che prova.
Ora Expedia propone un video in cui la Gran Bretagna è rappresentata come terra ricca di luoghi di cui è possibile godere in libertà, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale.

Alcuni dati rendono l’idea della rilevanza del comparto turistico LGBT, l’unico che non hai mai smesso di crescere negli ultimi anni, in controtendenza rispetto al resto del settore.
La popolazione adulta LGBT dichiarata è infatti di 25 milioni di persone (dato OMS): un pubblico che nella sua totalità ha un potere d’acquisto pari a 835 miliardi di dollari, di cui 65 miliardi vengono spesi solo per viaggi e turismo (secondo ricerche dell’IGLTA Internatonal Gay&Lesbian Travel Association).
In Europa, secondo un’indagine Geta (Gay European Tourism Association), si stima che i circa 22,6 milioni di gay europei abbiano una capacità di spesa turistica che si aggira tra i 48 e i 52 miliardi di euro.
Nonostante negli ultimi anni siano sorti in tutto il mondo (tranne nei pesi espressamente omofobici) agenzie di viaggio, tour operator, linee di crociera e aeree, enti del turismo rivolti a questo target, la strada da fare in Italia è ancora tanta.
Il sito di Aitgl (Associazione Italina turismo Gay e Lesbian) riporta che il turismo gay e lesbico in Italia vale circa 3,2 miliardi di euro, il 7% del fatturato complessivo del comparto turistico. Nel 2011 si è tenuta la prima fiera del turismo LGBT, che ha avuto il patrocinio del Ministero del Turismo.
Non basta. Le aziende e istituzioni turistiche operanti in questo settore in Italia sono ancora poco numerose, spesso a causa dell’arretratezza etico-sociale che fa da sfondo al rifiuto di offrire adeguata ospitalità ai turisti LGBT.
Una cultura turistica del rispetto va prima di tutto inserita in un quadro generale di tutela dei diritti e della libertà di espressione, e in Italia mancano ancora molti elementi a completarlo.
Aldilà dei dati statistici, e dell’ovvia considerazione su come quello Lgbt non sia più ormai un mercato di nicchia, è da rilevare che l’immaginario turistico spesso offerto al pubblico omosessuale risulti viziato da immagini  stereotipiche. Da una parte si scardina l’egemonia eterosessuale, ma dall’altra si riproduce e si impone un modello di “virilità omosessuale” che esclude le altre soggettività dalla comunicazione turistica “gay friendly”.
E la Sardegna? Come si confronta l’Isola con l’offerta turistica rivolta alla comunità Lgbt? Poco e niente ancora si muove a riguardo. Il Pride Sardegna dello scorso anno, svoltosi ad Alghero, ha smosso le prime acque e ha avuto riscontri incoraggianti, lasciando comunque il campo libero a un’offerta ancora tutta da strutturare.

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